Il Dott. Capotondi ha conseguito varie specializzazioni in Riabilitazione Sportiva, Terapia manuale del Rachide e Trattamento del Cranio Sacrale. Inoltre ha sostenuto alcuni tirocini presso l'Istituto Riabilitativo San Raffaele Nomentana e presso l'IRCCS e Centro Riabilitativo San Raffaele Pisana ed ha prestato servizio in qualità di Fisioterapista presso lo Studio SAS Flaminio di Roma e presso l'Istituto Romano San Michele. Il bagaglio professionale è stato arricchito inoltre da l'esperienza in qualità di Fisioterapista presso l'A.S. Roma nella stagione 2009/2010.
Il termine cervicalgia definisce un generico dolore al collo che si protrae per un periodo di tempo variabile (mesi/anni). Si tratta di un disturbo muscolo-scheletrico estremamente diffuso tra la popolazione.
La cervicalgia può essere scatenata da un insieme di cause particolarmente numerose ed eterogenee. Tra tutte, la sedentarietà, i colpi di freddo e la postura scorretta costituiscono gli elementi eziopatologici maggiormente coinvolti. La cervicalgia acuta è invece causata da: colpi di frusta, ernie cervicali, ipercifosi dorsale, iperlordosi lombare, osteofiti, spondilosi e sport di potenza.
La cervicalgia è percepita come un dolore costante, di entità variabile, a livello del rachide cervicale.Il dolore può essere affiancato da sintomi secondari, quali: tensione ed affaticamento muscolare, intorpidimento e formicolio localizzato, brachialgia, debolezza del braccio e della mano.
Il dolore dorsale è un sintomo algico riferito alla parte posteriore del torace, nel tratto centrale della schiena o tra le scapole.Questa manifestazione è meno frequente delle cervicalgie e delle lombalgie, tuttavia può essere altrettanto invalidante per chi ne soffre. Nella maggior parte dei casi, il dolore cronico è provocato dal mantenimento prolungato e abituale di posture scorrette (ad esempio, per motivi professionali: autisti, sarti ecc.), artrosi della colonna dorsale, scoliosi e osteoporosi.Tale manifestazione può dipendere anche dall’accentuazione della cifosi dorsale (dorso curvo), che può presentarsi nel periodo della crescita o in seguito a un’alterazione posturale.
Le cause del dolore vertebrale sono numerose. Alcuni studi hanno evidenziato che solo il 20% delle lombalgie è provocato da un problema specifico della colonna vertebrale(patologie rachidee); il restante 80% è provocato da cause non specifiche quali posture e movimenti scorretti, stress psicologici, forma fisica scadente ed eccesso di peso corporeo.
Esistono due tipi di mal di schiena: lombalgia acuta e lombalgia cronica. La lombalgia acuta è caratterizzata da un tipo di dolore, causato da una lesione muscolare, legamentosa, articolare e discale, che si accompagna a fenomeni infiammatori.
Il dolore acuto a livello del rachide è, quindi, un segnale d’allarme per un’ avvenuta lesione, una reazione di difesa, uno stimolo a cambiare posizione; ha un ruolo protettivo e adattativo, serve a impedire i movimenti che possono danneggiare ulteriormente la colonna vertebrale.
I fattori di rischio fisici sono una pregressa lombalgia, una lunga durata dei sintomi, un dolore esteso, un dolore irradiato agli arti inferiori, una limitazione della mobilità articolare, una errata gestione ergonomica del corpo, un basso livello di attività fisica, il sovrappeso, il fumo e altri disturbi dell’apparato locomotore. I fattori di rischio psichici sono lo stress, la scarsa cura personale, un auto valutazione di scarsa salute, la depressione.
La lombalgia cronica, quindi, tende a far perdurare il dolore oltre i 3 mesi anche a fronte di una lesione inesistente. Il dolore cronico non ha una funzione protettiva, diventa autonomo, nocivo, riduce la funzionalità del rachide e favorisce la disabilità.
La lombosciatalgia, o radicolopatia lombare, è una condizione che causa dolore in corrispondenza della parte inferiore della schiena (zona lombare) e lungo uno dei due arti inferiori, piede compreso.La lombosciatalgia insorge per effetto di una compressione o di un’irritazione del nervo sciatico . Questa importante struttura nervosa origina tra la zona lombare e la zona sacrale della colonna vertebrale, attraversa il gluteo e percorre tutto l’arto inferiore, fino al piede.
Ciò spiega perché il dolore che caratterizza la lombosciatalgia abbia la sede e l’irradiazione sopra riferite.Una diagnosi accurata di lombosciatalgia inizia sempre dall’esame obiettivo e dall’anamnesi.Il trattamento dipende dalla gravità della sintomatologia e delle cause scatenanti.
La tendinite della spalla è l’infiammazione di uno o più tendini appartenenti ai muscoli della cosiddetta cuffia dei rotatori.
Tipica di chi pratica sport come il tennis o il nuoto, la tendinite della spalla può insorgere per diversi motivi. Infatti, può dipendere da una parziale o totale lacerazione di uno o più tendini della cuffia dei rotatori, da un accumulo insolito di depositi di calcio a livello tendineo o, infine, dallo schiacciamento, operato dalla testa dell’omero sulla scapola, del muscolo sopraspinato e del relativo tendine.
In genere, i sintomi di una tendinite della spalla agli esordi sono lievi o si palesano soltanto durante l’esecuzione di certi movimenti con il complesso spalla-braccio.
La sintomatologia di una tendinite della spalla in fase avanzata, invece, è sempre presente e rende difficoltosa l’esecuzione di numerosi gesti di vita quotidiana, dal guidare allo scrivere al computer.
La diagnosi di tendinite della spalla si basa sull’esame obiettivo, sull’anamnesi medica e/o su una risonanza magnetica della spalla.
La spalla è la regione pari del tronco, situata in posizione latero-superiore, che segna l’incontro tra tre ossa molto importanti: la clavicola, la scapola e l’omero.
Punto di aggancio tra il braccio e il tronco, la spalla comprende ben 5 articolazioni, numerosi muscoli e una fitta rete di tendini e legamenti.
Un importante elemento della spalla, sia per quanto concerne l’aspetto anatomo-funzionale, sia per quanto riguarda l’aspetto clinico, è la cuffia dei rotatori.
La cuffia dei rotatori è quell’importante complesso muscolo-tendineo della spalla, che dona stabilità a quest’ultima e permette il movimento del braccio in diverse direzioni dello spazio.
A comporre la cuffia dei rotatori sono, esattamente, quattro muscoli e i loro rispettivi tendini.
I muscoli in questione sono:
Il muscolo sovraspinato (o sopraspinato o sovraspinoso), in posizione superiore;
Il muscolo sottoscapolare, in posizione anteriore;
Il muscolo sottospinato (o infraspinato) e il muscolo piccolo rotondo, in posizione posteriore
L’epicondilite laterale è un’infiammazione dolorosa dei tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito(epicondilo laterale). Questa condizione è nota anche come gomito del tennista, considerato che il tennis è l’attività sportiva che espone a maggior tensione le strutture muscolo-scheletriche interessate dal disturbo.
L’epicondilite laterale è spesso determinata da un sovraccarico funzionale, cioè da un uso eccessivo e continuato del gomito, ed è tipica dei soggetti che, a causa di particolari attività sportive o professionali, sono costretti a ripetere determinati movimenti.
In particolare, il gomito del tennista è una tendinopatia inserzionale: il processo flogistico interessa l’inserzione dei muscoli epicondilei estensori dell’avambraccio, che originano dall’epicondilo laterale del gomito (localizzato in prossimità della sporgenza ossea nell’estremità inferiore esterna dell’omero). Il gomito del tennista è causato dunque da un’infiammazione a carico dei muscoli e dei tendini che si inseriscono nell’epicondilo laterale e che sono responsabili dell’estensione del polso o delle dita della mano.
In principio, il dolore associato all’epicondilite laterale interessa soltanto i tendini, soprattutto quando si compiono movimenti di estensione del polso contro una resistenza, e tende ad aumentare con le attività che richiedono il coinvolgimento dei muscoli nell’arto interessato. Con un abuso protratto nel tempo, la manifestazione dolorosa può irradiarsi lungo l’avambraccio e persistere anche a riposo, determinando la progressiva riduzione della funzionalità di mano, polso e gomito.
Molte persone affette dal gomito del tennista svolgono attività lavorative o ricreative che richiedono l’uso ripetitivo e vigoroso dell’articolazione del gomito. L’epicondilite laterale è causata da un’infiammazione spesso determinata da un sovraccarico funzionale, che si verifica principalmente quando i muscoli e i tendini del gomito sono costretti a sforzi eccessivi. Inoltre, è stato dimostrato che ripetuti microtraumi o un danno diretto dell’epicondilo laterale, come un’eccessiva estensione dell’avambraccio o un movimento scorretto, causano più della metà di
queste lesioni.
L’epitrocleite è l’infiammazione del complesso tendineo che collega all’epicondilo mediale dell’omero parte dei muscoli anteriori dell’avambraccio.A causare l’epitrocleite è il sovraccarico funzionale dei muscoli sopraccitati; infatti, l’esasperata ed eccessiva sollecitazione di questi muscoli (sovraccarico funzionale), attraverso una ben precisa gestualità, produce uno stress a carico dei tendini collegati, tale per cui quest’ultimi s’infiammano e diventano dolorosi.
Particolarmente diffusa in chi pratica sport come il golf, il tennis o il baseball, l’epitrocleite è responsabile di: dolore al lato interno del gomito, rigidità articolare a carico del gomito, debolezza a livello della mano e del polso (solo in alcuni casi), e intorpidimento e formicolio lungo le dita.
Generalmente, la diagnosi di epitrocleite è clinica, cioè fondata sul racconto dei sintomi, sull’esame obiettivo e sull’anamnesi.
La tenosinovite stenosante di De Quervain è un processo infiammatorio a carico della guaina sinoviale dei tendini del pollice (abduttore lungo ed estensore breve).
La patologia è caratterizzata da un restringimento doloroso della sinovia, in corrispondenza del punto in cui, questi tendini coinvolti, passano sopra una sporgenza ossea chiamata stiloide del radio: l’aumento del volume nel canale digitale, dovuto al processo infiammatorio, crea una frizione dolorosa durante lo scorrimento tendineo.
La sindrome di De Quervain può indurre una serie di limitazioni funzionali della mano, specie se si compiono certe attività. La causa determinante dell’affezione è da ricercarsi in microtraumi ripetuti, legati soprattutto all’attività professionale (ricamatrici, addetti ai videoterminali, musicisti…).
Il sintomo principale, associato alla sindrome di De Quervain, è il dolore che si verifica mentre si compiono movimenti di presa eseguiti con i pollici e nei movimenti di inclinazione del polso. A volte si può associare una tumefazione, lungo il decorso dei tendini, i quali con l’evoluzione della malattia, si infiammano andando incontro a progressiva usura (tendinosi) a causa della ristrettezza del canale.
L’artrosi – chiamata anche osteoartrosi o meno correttamente osteoartrite – è una malattia cronica, che colpisce le articolazioni (artropatia). Si tratta di una patologia di tipo degenerativo, in quanto porta alla progressiva perdita delle normali componenti anatomiche che formano le articolazioni.
L’artrosi interessa prevalentemente il rachide (le vertebre) e le articolazioni degli arti, ed è caratterizzata dalla perdita della cartilagine articolare, che viene sostituita da nuovo tessuto osseo; ciò provoca dolore ed una limitazione nei movimenti. Non è ancora stato chiarito se la lesione primitiva interessi la cartilagine o l’osso che si trova appena sotto di essa.
La prevalenza dell’artrosi è direttamente correlata all’età: è presente nella maggioranza degli esseri umani al quarantesimo anno di età e nella quasi totalità dei settantenni, con un picco di massima incidenza fra i 75 ed i 79 anni. Nonostante solo una minoranza degli affetti lamenti disturbi, l’osteoartrosi è di gran lunga la causa più importante di dolore e di invalidità per malattie articolari. Prima dei 45 anni è più colpito il sesso maschile, dopo tale età il sesso femminile. La prevalenza delle lesioni aumenta con l’aumentare dell’età.
La distorsione è un infortunio dell’apparato locomotore, caratterizzato dalla temporanea alterazione dei rapporti anatomici che sussistono tra gli elementi dell’articolazione colpita. Un simile evento comporta un danno a carico di una o più componenti dell’articolazione interessata.
Di solito, un’articolazione è vittima di distorsione quando compie un movimento innaturale o subisce un trauma in un punto particolarmente delicato.
Tra i principali fattori di rischio di distorsione, rientrano: l’attività fisico-sportiva, un tono muscolare insufficiente e la sedentarietà.
Un’articolazione che ha subìto una distorsione è dolente, gonfia e rigida, ha perso parte della sua caratteristica mobilità, è instabile e rumorosa e, infine, presenta un ematoma più o meno esteso attorno a sé.
Per una diagnosi accurata di distorsione, sono fondamentali l’esame obiettivo, l’anamnesi, i raggi X e la risonanza magnetica nucleare.
Il trattamento adottato in caso di distorsione dipende dall’entità del danno articolare verificatosi. Per danni lievi o moderati, la terapia tende a essere conservativa; per danni gravi, invece, è prevista la chirurgia.
Per frattura si intende una interruzione dell’integrità strutturale dell’osso che può essere di origine traumatica o spontanea (patologica).
Nel caso di un trauma, l’osso si frattura quando il trauma ha entità tale da superare i limiti di resistenza dell’osso stesso.
Il trauma può interessare l’osso direttamente o indirettamente.
Nel primo caso l’osso si frattura nel punto in cui viene applicata la forza.
In caso di trauma indiretto la frattura si manifesta ad una certa distanza dal punto di applicazione della forza, la quale si propaga lungo la catena cinetica di un arto o della colonna vertebrale fino a raggiungere la sede di frattura.
In entrambi i casi le forze applicate possono essere di torsione, di flessione, di compressione o di strappo. Se l’osso è minato da un processo patologico (sistemico o locale), tali forze possono creare una frattura pur essendo irrisorie o di modesta entità, si parla in questi casi di fratture patologiche.
Esistono poi fratture da stress o da sovraccarico funzionale determinate dalla ripetizione di continue sollecitazioni sull’osso (tipico esempio è la frattura da marcia o dei marciatori che interessa il secondo metatarso).
Contrattura muscolare è una contrazione involontaria, insistente e dolorosa di uno o più muscoli scheletrici. Il muscolo coinvolto si presenta rigido e l’ipertonia delle fibre muscolari è apprezzabile al tatto. La contrattura è di per sé un atto difensivo che insorge quando il tessuto muscolare viene sollecitato oltre il suo limite di sopportazione fisiologico. L’eccessivo carico innesca un meccanismo di difesa che porta il muscolo a contrarsi.Le cause predisonenti possono essere di natura meccanica e/o metabolica ma non sono state ancora definite con chiarezza. Ciò che si sa è che sono in qualche modo correlate ai seguenti fattori:
• mancanza di riscaldamento generale e specifico
• preparazione fisica non idonea
• sollecitazioni eccessive, movimenti bruschi e violenti
• problemi articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione
La contrattura è la meno grave tra le lesioni muscolari acute poiché non causa alcuna lesione anatomica alle fibre. Ciò che si verifica è semplicemente un aumento involontario e permanente del loro tono.
Lo stiramento, o elongazione muscolare, è una lesione di media entità che altera il normale tono muscolare. In una scala di ipotetica gravità potremmo collocarla tra la semplice contrattura (aumento involontario e permanente del tono muscolare ) e lo strappo (rottura delle fibre muscolari).
Lo stiramento è piuttosto frequente in ambito sportivo ed è causato dall’eccessivo allungamento subito dalle fibre muscolari. Tale stiramento può verificarsi in situazioni diverse per cause diverse. Tra le più frequenti ricordiamo:
• mancanza di riscaldamento generale e specifico
• preparazione fisica non idonea
• movimenti bruschi e violenti
• problemi articolari, squilibri posturali e muscolari, mancanza di coordinazione
• condizioni ambientali avverse
• microtraumi ripetuti
• abbigliamento e calzature non idonei
• recupero insufficiente dopo un precedente sforzo atletico.
Ogni muscolo del corpo possiede dei recettori in grado di trasmettere informazioni sulle sue condizioni al sistema nervoso centrale.
In particolare i fusi neuromuscolari inviano informazioni relative alla velocità e all’entità dello stiramento. Quando un muscolo si allunga eccessivamente (si stira) anche i fusi (posti in parallelo alle fibre muscolari) si allungano determinando il cosiddetto riflesso da stiramento. Tale fenomeno causa un’improvvisa contrazione muscolare che si associa ad un contemporaneo rilassamento del muscolo antagonista. Questo meccanismo permette di salvaguardare la struttura muscolare ma in particolari circostanze (affaticamento) può risultare insufficiente predisponendo l’atleta allo stiramento muscolare.
Lo strappo, o distrazione muscolare è una lesione piuttosto grave che causa la rottura di alcune fibre che compongono il muscolo. Tale lesione è generalmente causata da un’eccessiva sollecitazione (brusche contrazioni o scatti improvvisi) ed è piuttosto frequente in ambito sportivo (soprattutto negli sport che richiedono un movimento muscolare esplosivo come sollevamento pesi, baseball, calcio, gare di sprint e di salto).
Spesso, gli strappi muscolari avvengono in condizioni di scarso allenamento o quando il muscolo è particolarmente stanco o impreparato a sostenere lo sforzo (mancato riscaldamento).
Sebbene lo strappo possa colpire qualsiasi muscolo del corpo, le sedi più frequentemente colpite sono gli arti, mentre più raramente si possono riscontrare patologie a carico della muscolatura addominale e dorsale. In particolare negli sportivi sono frequenti lesioni ai muscoli della coscia (flessori, adduttori, quadricipite) e della gamba (tricipite surale).
La metatarsalgia è un disturbo del piede, caratterizzato da una sensazione dolorosa in corrispondenza delle ossa metatarsali (che nel loro insieme formano il cosiddetto avampiede).
A scatenarne la comparsa, di solito, interviene un insieme di fattori, i quali, se presi singolarmente, difficilmente provocherebbero la stessa sintomatologia dolorosa.
La diagnosi di metatarsalgia richiede un accurato esame obiettivo e un’attenta analisi della storia clinica del paziente. In base al risultato delle ricerche diagnostiche, è possibile stabilire la terapia conservativa più appropriata. Il trattamento chirurgico è una possibilità assai remota, che viene praticata solo in casi davvero molto gravi.
Il piede è composto, principalmente, da:
• Ossa tarsali
• Ossa metatarsali
• Falangi
Le ossa tarsali, nel loro insieme, sono 7 e compongono una struttura chiamata tarso. Sono classificate come ossa larghe. Da un parte, sono collegate con la tibia e il perone (l’osso tarsale di collegamento è il calcagno); dall’altra, con le ossa metatarsali.
Le ossa metatarsali (o metatarsi) sono 5, disposte parallelamente l’una all’altra. Si tratta di ossa lunghe, alla cui estremità si articolano le falangi.
Le falangi sono anch’esse 5 e corrispondono alle dita dei piedi. Ciascun dito è composto da 3 falangi, tranne l’alluce, che possiede solo 2 falangi.
Per Fascite plantare si intende un insieme di sintomi a prevalenza dolorosa che coinvolge la fascia plantare. Fra le cause che comportano dolore alla base del calcagno è la più diffusa.
Dolore alla colonna vertebrale, contratture muscolari, problemi articolari o discali, causati da difetti posturali, sedentarietà, sovraccarico o disallineamento del rachide. Sono tutti disturbi che se non vengono affrontati con terapie e trattamenti adeguati possono diventare nel tempo problematiche più complesse o croniche.
È un percorso fisioterapico finalizzato a raggiungere il recupero completo della funzionalità e delle attività motorie del paziente dopo un intervento chirurgico o dopo un evento traumatico. Prevede una serie di esercizi riabilitativi secondo tecniche ottimizzate “su misura” del paziente, in base alla sua età, alle caratteristiche fisiche e fisiologiche o necessità.
La riabilitazione sportiva è quella branca della fisioterapia che, come suggerisce il nome, si occupa elettivamente di pazienti sportivi: della loro prevenzione, cura e riabilitazione.
Questo tipo di riabilitazione, e più precisamente per questo tipo di pazienti, il fisioterapista ha un modus operandi differente da quello che applica nei pazienti non sportivi. Spesso infatti c’è una maggiore frequenza delle sedute, soprattutto se occorre riabilitare il paziente prima di una gara, e inoltre si hanno tempi di recupero differenti dettati dalla buona condizione fisica e il più delle volte anche dalla giovane età dei soggetti trattati (che sono per lo più under 40).
Il metodo Mézières fu inventato nel 1947 in Francia da una fisioterapista chiamata Françoise Mézières.
L’approccio Mézierista in via schematica consiste prima di tutto nel normalizzare secondo alcuni criteri la forma (struttura) di un corpo, sapendo che è essenzialmente tramite il gioco di retrazione e raccorciamenti muscolari (più spesso nella parte posteriore dell’abito muscolare) che si manifestano i dismorfismi (scoliosi, iperlordosi, cifosi, ginocchio varo o valgo, cancellazione delle curve, ecc).
Riassumendo, se la forma di un corpo è deformata la funzione che ne consegue è falsata.
Se vi sono disarmonie morfologiche vi saranno compensi e/o cattive sinergie, quindi potenzialità di patologie e di dolore.
La Tecarterapia, nota anche come Tecar, è un trattamento elettromedicale, che permette un più veloce recupero da traumi e patologie infiammatorie dell’apparato muscolo-scheletrico.
Diffusa soprattutto in ambito fisioterapico, la Tecar prevede l’utilizzo di un dispositivo molto particolare, basato sul principio fisico del condensatore e capace di generare calore all’interno dell’area anatomica bisognosa di cure.
La Tecarterapia può lavorare in due modalità: la modalità capacità, adatta alla cura dei problemi ai tessuti molli, e la modalità resistiva, indicata per il trattamento dei disturbi ossei, articolari, cartilaginei ecc.
Dipendenti dall’energia erogata dal dispositivo, gli effetti biologici della Tecar sono, principalmente, tre: aumento del microcircolo, vasodilatazione e incremento della temperatura interna.
La Tecarterapia, nota anche come Tecar o Trasferimento Energetico Capacitivo-Resistivo, è un tipo di trattamento elettromedicale, che trova particolare impiego nella cura di traumi e patologie infiammatorie dell’apparato muscolo-scheletrico.
Diffusa soprattutto in ambito fisioterapico, la Tecarterapia prevede l’utilizzo di uno strumento capace di ridurre il dolore (azione antidolorifica) e accelerare la naturale riparazione dei tessuti, laddove ovviamente ci sia un danno.
Il tutto si traduce in un accorciamento tangibile dei tempi di guarigione.
La laserterapia è una particolare tecnica terapeutica che si avvale degli effetti dell’energia generata da raggi laser per ottenere una risposta biochimica in corrispondenza della membrana cellulare. Il laser è una sorgente di radiazione elettromagnetica: si tratta, in sostanza, di un dispositivo che produce energia sotto forma di onda luminosa. Attraverso il trattamento e terapia laser, l’energia viene amplificata e indirizzata su una superficie molto piccola del corpo, su cui giunge con elevata intensità.
E’ una terapia strumentale che utilizza, a scopo curativo, vibrazioni acustiche non udibili ad alta frequenza (superiori a 20 kHz) prodotte da un generatore di vibrazioni elettriche. Come funzionano gli ultrasuoni ? Il passaggio del fascio ultrasonico dalla testina ultrasuoni ai vari tessuti biologici e indolore e determina variazioni di pressione che comportano, a seconda della modalita, del dosaggio e della durata dell’applicazione, effetti meccanici, termici, fisico-chimici ed antalgici. Questi effetti provocano a livello tessutale un aumento della microcircolazione, della temperatura, una stimolazione chimica locale e una disgregazione dei legami cellulari delle strutture raggiunte.
La magnetoterapia (o elettromagnetoterapia) è un genere di terapia alternativa che utilizza campi magnetici di vario genere. Coloro che attuano questa pratica affermano che sottoporre determinate parti del corpo ai campi magnetici prodotti da magneti produrrebbe effetti benefici sulla salute.
Con il termine “elettroterapia antalgica” si indica l’utilizzo a scopo terapeutico dell’energia elettrica in tutte le sue forme con il conseguente effetto antalgico.
Con il termine “Elettrostimolazione VMS” si indica l’utilizzo dell’energia elettrica a scopo di rinforzo e stimolazione nel recupero muscolare.
La tecnica pompage può essere definita come una metodica di trattamento miofasciale che mira ad un rimodellamento ed ad una mobilizzazione globali delle fasce del corpo, a cui si associano effetti sulle articolazioni, sulla circolazione e sul sistema nervoso. La tecnica pompage fa parte delle tecniche manuali di rebuild miofasciale. La fase di ‘’miofascial rebuilding’’ è quella fase infiammatoria immediatamente post-traumatica in cui la fascia, a seguito di una stimolazione meccanica, termica o chimica, attiva i processi di distruzione e ricostruzione del retina colo connettivale. In questa fase si è visto sperimentalmente come sia importante apportare cauti impulsi direzionali fisiologici, mirati ad orientare la corretta rigenerazione delle fibre ad opera dei fibroblasti per meccano trasduzione.
Il pompage si prefigge come scopo terapeutico primario quello di ottenere un release mio fasciale, attraverso l’applicazione di tensioni lievi e continue prodotte dal terapista. Si intende per release mio fasciale quella fase in cui la fascia, in seguito a stimolazione meccanica termica o chimica cambia localmente di consistenza o stato fisico subendo una parziale deformazione strutturale di tipo plastico a seguito della quale avviene una successiva distruzione e ricostruzione del retina colo connettivale. Il pompage si presenta come una delle tecniche terapeutiche a maggior versatilità applicativa. Può essere utilizzata da sola o in associazione ad altre metodiche ed ha un numero limitato di controindicazioni. Una delle caratteristiche che rende il pompage una tecnica estremamente adattabile è la possibilità di essere applicata sia per il trattamento in qualunque fase della patologia (acuta, post-acuta o cronica), sia per la prevenzione e il mantenimento, su soggetti asintomatici.
Il massaggio decontratturante mira a combattere le contratture muscolari o a prevenirle. Lo scopo è assolutamente terapeutico. Non un massaggio a fine estetico dunque, che va praticato da fisioterapisti professionisti.
I muscoli sono costituiti da fasce di fibre; quando queste vengono sollecitate in modo anomalo per uno sforzo eccessivo o a causa di problemi ossei, possono causare la contrattura del muscolo. In caso di tensione eccessiva il fastidio si avverte anche in stato di riposo, i muscoli appaiono indeboliti e affaticati: in questo caso è consigliabile il riposo forzato e/o sottoporsi a massaggi decontratturanti.
Scopo del massaggio decontratturante è riportare il tono muscolare ad un livello normale, riattivare i centri nervosi e stimolare la circolazione sanguigna. Il massaggio infatti, attraverso manovre localizzate e pressioni specifiche, apporta ossigeno a tutte le parti del corpo e ai tessuti cutanei, liberandoli dalle tossine.
I cosiddetti “punti grilletto” sono dei punti di iper-irritabilità che dalle fibre muscolari in contrattura persistente apportano dolore e difficoltà nei movimenti dei muscoli di appartenenza.
Se lo stress è quasi sempre un importante fattore scatenante del sintomo, è bene sapere bloccare da subito il circolo vizioso stress-dolore-spasmo-dolore è fondamentale per il trattamento dei trigger point.
Il blocco dei trigger point miofasciali può combattere e risolvere tale situazione, partendo dalla localizzazione esatta delle nodosità e la ricerca del miglior criteri per trattare i trigger point. E, correlatamente, ripristinare un equilibrio posturale o risolvere una cefalea muscolo-tensiva.
Si parte dalla palpazione dei punti dolorosi, per identificarli, anche in base alla definizione dei criteri di diagnosi clinica
Il massaggio connettivale è un tipo di massaggio caratterizzato dall’esecuzione di tecniche di manipolazione che possano agire in profondità nei tessuti.
Più precisamente, come si può intuire dal suo stesso nome, il massaggio connettivale si prefigge l’obiettivo di agire direttamente sul tessuto connettivo, tramite l’esecuzione di manipolazioni
Il linfodrenaggio è una particolare tecnica di massaggio, esercitata nelle aree del corpo caratterizzate da eccessiva riduzione del circolo linfatico.
Il linfodrenaggio, come preannuncia la parola stessa, favorisce il drenaggio dei liquidi linfatici dai tessuti: l’azione meccanica manuale viene esercitata a livello di aree che interessano il sistema linfatico (composto da milza, timo, noduli linfatici e linfonodi), allo scopo di facilitare il deflusso dei liquidi organici ristagnanti.